Ecco chi vince nella gara di longevità tra i diversi format e contenuti pubblicati sulle diverse piattaforme online.
“Internet non dimentica” potrebbe essere il grande assioma dei nostri tempi.
Tuttavia, se è vero che tutto quello che finisce in rete vi rimane, è anche vero che tutti i contenuti cadono nell’oblio, prima o dopo. Proprio su questa mortalità dei contenuti si sono interrogati diversi istituti di ricerca, arrivando a stimarne i tempi di sopravvivenza su ognuno dei social network più utilizzati.
Ecco il risultato
SUA MAESTÀ IL BLOG
Sono i blog a vincere questa gara di resistenza. Le ricerche evidenziano come gli articoli pubblicati vengano intercettati e riproposti da Google fino a 2 anni dopo la pubblicazione. Il tempo di persistenza però non è omogeneo.
Prendendo come riferimento le impression che può generare nel tempo, si riesce a (ri)costruire il ciclo di vita di un articolo.
I primi 10 giorni dalla pubblicazione sono i più intensi: l’articolo movimenta infatti il 50% del traffico possibile. Al termine del primo mese, le visite raggiungono il 72% della totalità. Da questo momento le visite rallentano: come si evince dal grafico, il 99% del traffico possibile viene raggiunto al 700º giorno, ovvero dopo quasi 2 anni dalla pubblicazione.
Ci sono alcuni elementi che possono aiutare ad aumentare il traffico generato e allungare il lasso temporale in cui l’articolo continua a ricevere visite.
Grazie ad un buon lavoro di posizionamento SEO è possibile intercettare le ricerche degli utenti su Google: specialmente nel lungo periodo, l’articolo può essere in grado di sfruttare le ricerche long key, ovvero con chiavi di ricerca complesse ed estese.
Durante le ricerche di informazioni, gli utenti puntano a notizie e articoli recenti: aggiornare costantemente gli articoli diventa quindi fondamentale per intercettarli.
I social network, in questa fase, diventano delle eccellenti casse di risonanza dei contenuti, per raggiungere pubblico nuovo e allargare la diffusione.
I SOCIAL TRA MARATONE E SPRINT
I social network si distinguono fortemente per le tempistiche di resistenza, influenzate dalle diverse tipologie di post preferite dagli utenti: diversi contenuti svelano le preferenze di “utilizzo” dei social, dallo svago all’informazione all’approfondimento.
Questo dovrebbe spingere le aziende a pianificare strategie di canale mirate e distinte le une dalle altre, mostrando tutte le sfaccettature che costituiscono l’anima del brand. Ci teniamo a precisare che non è necessario essere presenti su tutti i social: meglio una presenza forte e riconoscibile su pochi che una vaga e indistinguibile su tutti.
Ogni social network ha il suo stile e le sue caratteristiche: una valida strategia li integra e valorizza, costruendo una rete che li sostiene e connette. Un piano d’azione efficiente, a questo punto, combina il tono di voce che il brand vuole trasmettere con l’arco di tempo in cui i contenuti perdurano online.
Come detto, la tipologia del contenuto non è l’unico fattore che influisce sulla sua permanenza. Tra le diverse cause che si intrecciano, grande peso hanno la velocità e quantità di nuove pubblicazioni, la natura del social e l’utilizzo che ne fanno gli utenti.
Nella tabella sono riportate le stime della quantità di aggiornamenti che vengono pubblicati in un singolo minuto
Nel tempo si è stabilita una naturale relazione tra la frequenza di aggiornamento e la capacità di approfondimento del contenuto, elementi che si influenzano a vicenda.
Seguendo questa correlazione, Twitter si è affermato come social ideale per la cronaca in tempo reale, pratica che è stata appunto rinominata live tweeting. Seguendo la stessa logica, su Instagram e Facebook il numero di stories è più alto degli altri post: un format veloce da fruire, disponibile per un breve periodo di tempo, a cui vengono affidati contenuti leggeri e argomenti di consumo quotidiano. Per approfondire tematiche specifiche ci si affida ai blog e a YouTube, in cui il maggior spazio disponibile richiede anche una maggior preparazione del contenuto. LinkedIn ha invece una natura doppia: per agevolare la ricerca di lavoro, candidati e aziende mettono in luce i propri successi sia attraverso il live tweeting, sia attraverso articoli più strutturati.
È indicativa di questa tendenza la diversa lunghezza delle caption sui social che prevedono sia l’uso di testo sia un visual. LinkedIn infatti ospita e ricerca caption descrittive, che già presentino un’analisi e una riflessione sul contenuto, elementi che l’utente stesso si aspetta di trovare nei post altrui. Facebook invece premia sempre di più la sintesi, chiedendo ai copywriter di racchiudere il sunto del post nelle sette righe che vengono mostrate prima dell’opzione “altro”. Instagram segue a ruota: piattaforma nata come prettamente visiva, alle parole dedica circa 120 caratteri. È indicativo che in un minuto vengano effettuati 347mila scroll del feed: in una navigazione così veloce, non si lascia molto spazio alle parole. Consideriamo poi che entrambi nelle versioni mobile offrono ancora meno spazio.
Diventa cruciale poi l’utilizzo prevalente del singolo social. Se Facebook e YouTube mantengono la loro natura ibrida di intrattenimento, informazione e mille altre funzionalità, gli altri social tendono a specializzarsi in un campo. Instagram domina nei momenti di svago, LinkedIn per il mondo del lavoro e professionale, Pinterest è il regno dell’ispirazione specialmente culinaria e di design, Twitter si dedica alla politica. Diversi utilizzi portano a diverse aspettative e approcci alle piattaforme, che influiscono sui tipi di contenuti a cui ci si interessa e sul tempo che vi si spende.
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